Capitolo 5 - Lo studio di popolazioni e culture selvagge


La prima cosa che fece dopo aver lasciato il college fu sfogarsi conducendo una spedizione in Centro America. Negli anni successivi ne capeggiò tre, tutte intraprese per studiare popolazioni e culture selvagge, e procurarsi materiale per i suoi articoli e racconti. Tra il 1933 e il 1941 visitò molte culture barbare ma riuscì a trovare il tempo per scrivere sette milioni di parole di narrativa e articoli.

A Brief Biography of L. Ron Hubbard, 1959


Grazie agli oltre 15 milioni di parole che pubblicò tra il 1927 1 il 1941, il nome di L. Ron Hubbard diventò...

L. Ron Hubbard; Un Profilo


Nella compilazione delle molte biografie di L. Ron Hubbard pubblicate da Scientology, fu posta davvero scarsa cura per evitare assurdità. Tra il 1933 e il 1941 Hubbard pubblicò 160 tra articoli e racconti, quasi tutti in riviste pulp. La natura del mezzo proibiva lunghi sforzi letterari. La narrativa pulp tendeva ad essere breve, raramente eccedenti le 10.000 parole. Inoltre, una semplice indagine avrebbe stabilito che negli anni in questione Hubbard non aveva mai lasciato il Nord America. Il "materiale" per i suoi racconti non proveniva da spedizioni in luoghi lontani, ma da esperienze abbellite dalla sua fervida fantasia. Inoltre non visitò "culture barbare" se non quelle che si possono trovare a New York o Los Angeles.

Negli Stati Uniti degli anni '30 la pulp fiction era un fenomeno di massa. Per appena 10 centesimi i lettori potevano immergersi in avventure ambientate in luoghi esotici quanto improbabili. Il bene trionfava sul male e il sesso non complicava la trama; l'eroe di turno non si spingeva oltre un casto bacio, e nessuna eroina si sarebbe mai sognata di pretendere qualcosa di più. Nel 1934, nella sola New York si pubblicavano oltre 150 riviste pulp. Il mercato degli scrittori freelance era enorme. Spinto dall’urgenza del suo primo disastroso anno in veste di scrittore, L. Ron Hubbard iniziò a cercare nuovi sbocchi. «Mi raccontò di essere andato all'edicola e di aver acquistato tutte le riviste che aveva trovato» ha riferito zia Marnie. «Riteneva che molte di quelle riviste fossero spazzatura, e sapeva di poter fare di meglio. Ecco come iniziò a scrivere storie del mistero». Più probabilmente Ron si era reso conto di aver scritto pulp per tutta la vita. I racconti di spericolati eroi che aveva scribacchiato durante l'adolescenza, erano esattamente le storie annunciate dalle mirabolanti copertine dei pulp più popolari.

Ron iniziò a scrivere storie a ripetizione, infilando nella macchina da scrivere un foglio via l'altro senza interruzione, spesso pestando sui tasti l'intera notte. Scriveva in modo prodigioso a velocità impressionante, senza mai aver bisogno di fermarsi a pensare e senza preoccuparsi di rileggere ciò che aveva scritto. Toccò l'intero spettro della narrativa d'avventura: pistoleri, detective, pirati, legionari, spie, assi dell'aria, soldati di ventura e brizzolati lupi di mare. In un periodo di circa sei settimane scrisse ogni giorno un racconto completo tra le 4.500 e le 20.000 parole e, senza riguardare il lavoro svolto, fascicolava le pagine e le inviava a qualche rivista di New York. I risultati non si fecero attendere a lungo. Un giorno, Ron trovò tra la posta due assegni per un totale di 300 dollari; oltre il triplo di quanto aveva guadagnato l’intero anno precedente. Per la fine di aprile Ron aveva guadagnato denaro sufficiente per offrire a Polly una breve vacanza in California. Polly era al settimo mese di gravidanza e a seguito di uno sforzo mentre faceva il bagno in mare, l’8 maggio del 1934 diede prematuramente alla luce un maschietto: Lafayette Ronald Hubbard Junior, soprannominato Nibs.

La paternità non moderò il desiderio di Ron di essere considerato un avventuriero strafottente e uno spericolato aviatore, e ad ogni opportunità promuoveva assiduamente questa immagine. In luglio, ad esempio, fu oggetto di un entusiastico tributo nella rubrica "Chi è Chi" del Pilot, la rivista del personale dell'aviazione, che lo descrisse come «uno dei più notevoli piloti di aliante del paese». L'autore, il tenente Latane Lewis II, non faceva segreto della sua ammirazione: «qualche anno fa il pilota dalla criniera fulva ha colpito la città come un tornado e con i suoi giochi aerei ha fatto urlare le donne e piangere gli uomini. Ha sfidato il suolo ad alzarsi e colpirlo [...] Usciva dagli avvitamenti ad un metro dal suolo, facendo marameo agli impresari di pompe funebri che si radunavano in attesa sui campi di volo». Ron aveva sempre fatto di tutto per presentarsi come il più pirotecnico dei protagonisti. Prima di diventare aviatore, prosegue l’articolo, «è stato Sergente dei Marines, cantante alla radio, reporter, cercatore d'oro nelle Indie Occidentali e regista-esploratore». Tra tanti impegni, aveva persino imparato da solo a pilotare aerei a motore: «salì su un aereo e, senza pensarci due volte, diede gas e decollò», per tenere poi spettacoli di aviazione itineranti volando «sotto ogni cavo del telefono del Midwest». Latane Lewis II concludeva che Ron era «tra gli aviatori più scatenati».

Riusciva a fare più acrobazie Ron con un aliante, di quanto normalmente non sappiano fare i piloti da caccia in piena azione.

Ron lo scrittore; la leggenda ha inizio

Il ventitreenne "aviatore scatenato" (che da tempo aveva perso il brevetto di pilota) decise che era venuto il momento di fare la conoscenza dei suoi colleghi scrittori di pulp. Lasciò Polly a casa con il bambino e prese il treno per New York.

All’interno del ristorante Rosoff, dove erano soliti ritrovarsi al venerdì, Ron venne presentato ai membri della American Fiction Guild, il sindacato che riuniva gran parte degli autori di pulp più famosi di New York. Erano nomi noti a milioni di lettori, ma Ron non era il tipo da farsi impressionare da tale illustre compagnia. Entrò al Rosoff come se fosse altrettanto famoso. Era anche molto più giovane degli altri membri, ma si comportava come se avesse visto e fatto più di chiunque altro. Alla fine del pranzo stava già tenendo banco, catturando l'attenzione di chiunque fosse a portata d'orecchio con un avvincente e dettagliato racconto della sua spedizione esplorativa alle roccaforti dei pirati del Mar delle Antille.

Ai pranzi della American Fiction Guild era lecito sfumare i confini tra verità e finzione. Più importante della rigida aderenza ai fatti, era che le storie fossero avvincenti e su questo il giovane Hubbard non aveva rivali. Era un affabulatore irresistibile, riusciva a delineare la scena in modo veloce ed evocativo, a descrivere l'azione nei minimi dettagli e a sviluppare un dialogo credibile scandito da battute divertenti. Guai però ad avanzare dubbi. Una sera, dopo essersi sorbito il lungo racconto delle esperienze di Ron nel Corpo dei Marines, della sua esplorazione dell'alto bacino del Rio delle Amazzoni, e degli anni da cacciatore bianco in Africa, Frank Gruber gli chiese con evidente ironia: «Ron, tu hai 84 anni, vero?». «Di che diavolo stai parlando?» scattò Ron. Gruber sventolò un taccuino su cui erano annotati una colonna di numeri e disse «Beh, sei stato sette anni nei Marines, hai fatto l'ingegnere civile per sei anni, hai passato quattro anni in Brasile, tre in Africa, e per sei anni hai girato il paese con il tuo circo volante … ho sommato gli anni e il risultato è 84». Ron si infuriò. «Uscì veramente dai gangheri» ha raccontato Gruber (10). Reagiva allo stesso modo anche quando qualcuno sollevava il ciglio alla sua corrente in piena. I membri si aspettavano che i colleghi fossero indulgenti sulla veridicità delle storie narrate, ma era come se Ron credesse davvero ai suoi racconti.

Hubbard in versione rockabilly

A New York Ron fece molti progressi come scrittore. Fece il giro degli editori di pulp, si presentò a tutti i più importanti redattori e vendette alcuni racconti. Tornato a casa, Ron continuò a scrivere pulp a ritmo frenetico, sfornando infinite varianti del medesimo tema avventuroso. I suoi protagonisti si dibattevano nel fitto della giungla inseguiti da cacciatori di teste negrieri, si libravano in cieli pieni di fumo in tremendi combattimenti aerei, lottavano con piovre giganti a venti metri di profondità in mari tempestosi, duellavano con coltellacci su ponti sgangherati di navi imbrattate di sangue, tenevano a bada orde di dervisci dispensando morte dalle canne dei loro mitragliatori. Le donne apparivano di rado, salvo quando era necessario salvarle dal solito leone affamato. Occasionalmente scriveva ancora per lo Sportsman Pilot in veste di aviatore scatenato. « Negli Stati Uniti - o meglio, al mondo - esistono pochi uomini più qualificati di me per scrivere sul volo campestre» esordiva il suo pezzo sul numero di settembre del 1934. «Si dà il caso che detenga il record del mondo nel determinare il punto di non ritorno». In dicembre offrì ai lettori alcune dritte per raggiungere le Indie Occidentali: «Tenendovi alle spalle le lunghissime spiagge di Cuba raggiungerete Port au Prince. Ora sto dando per scontato che siate su un idrovolante, anche se credevo fosse stato chiaro fin dall'inizio. Altrimenti vi bagnerete le ruote. Port au Prince non è molto attrezzata, a meno che non riusciate a convincere la Gendarmerie du Haiti a lasciarvi usare le loro piste d'atterraggio. Ma dovrete essere più convincenti di quanto non lo sia stato io». Benché da anni non avesse più nemmeno la licenza di pilota, anche per tutto il 1935 continuò allegramente a scrivere per lo Sportsman Pilot offrendo consigli ai "colleghi" aviatori e riempiendo molte pagine con elettrizzanti racconti dei suoi exploit aerei, mentre su Adventure del 7 ott. 1935 scelse di soffermarsi sulle sue esperienze di scavezzacollo dei Marines. «Conosco il Corpo dei Marines da Quantico a Peiping, dal Sud Pacifico alle Indie Occidentali» scriveva. «Secondo me il Corpo dei Marines è una compagnia molto più infernale di quanto potrà mai essere la molto lodata Legione Straniera francese», e concludeva con una promessa: «Quando tornerò dall'America Centrale, dove sto per recarmi, avrò qualche altra storia da raccontarvi».

Ron non andò in America Centrale ma a Hollywood, dove la Columbia aveva acquistato uno dei suoi racconti, “Il Segreto dell'Isola del Tesoro”, da inserire in una serie di quindici episodi da proiettare alle matinée del sabato. Ron, naturalmente, fu lieto di aggiungere il titolo di "sceneggiatore di Hollywood" al suo crescente carnet di notevoli realizzazioni e iniziò ben presto ad accreditarsi il merito della sceneggiatura di numerosi film di successo, tra cui Ombre Rosse, il classico di John Ford. Le biografie ufficiali di L. Ron Hubbard descrivono la sua carriera a Hollywood come un travolgente trionfo: «Nel 1935 L. Ron Hubbard si recò a Hollywood e lavorò alla sceneggiatura di numerosi film, guadagnandosi una notevole reputazione con pellicole di grande successo. A Hollywood il suo lavoro è ancora ricordato» (11).

Per Scientology Ron è una «leggenda di Hollywood», ma si tratta di una leggenda che nessuno ha mai raccontato, visto che non si riesce a trovare il suo nome in nessuna pellicola oltre a Il Segreto dell'Isola del Tesoro. Ma questa mancanza di riconoscimento non impedì a Ron di abbandonarsi ai ricordi sui suoi giorni d'oro a Hollywood: «Ero solito sedere nel mio attico su Sunset Boulevard e scrivere racconti per New York, poi recarmi al mio ufficio presso gli studios e far dire a tutti dalla mia segretaria che ero in riunione, mentre in realtà facevo un pisolino perché nessuno riusciva a credere che si potessero scrivere 136 scene al giorno. La Screen Writers Guid mi avrebbe ucciso. La loro quota era di appena otto» (12).


Ron non rimase molto a Hollywood a sfornare 136 scene al giorno. Per la fine dell'anno era di nuovo a New York, dove lo raggiunse Polly che il 15 gennaio 1936 diede alla luce una bambina, Catherine May. Le responsabilità della paternità pesavano poco sulle spalle di Ron che non voleva accettare il suggerimento di adattare le sue abitudini lavorative alle esigenze della famiglia. Amava lavorare di notte e dormire al mattino, a volte facendo la prima apparizione al pomeriggio. Anche se vendeva racconti a ritmo quasi settimanale sembrava non ci fosse mai denaro a sufficienza, e il proprietario dell'emporio di South Colby, la comunità vicino a Bremerton, Washington, dove la famiglia si era nel frattempo stabilita per stare vicino alla famiglia di Ron, minacciò spesso di chiudere il credito. Ron non si preoccupava minimamente per i debiti crescenti. Un giorno prese il traghetto per Seattle e tornò con un costoso fonografo che aveva acquistato a credito ai grandi magazzini Bon Marche. Quando Polly gli chiese disperata come pensava di pagarlo, rispose sorridendo che non ne aveva alcuna intenzione: aveva calcolato che Bon Marche avrebbe impiegato circa sei mesi prima di rientrarne in possesso, nel frattempo lui poteva goderselo.

Preoccupazioni finanziarie a parte, Polly era felice nella nuova casa, ma Ron era meno soddisfatto della serenità bucolica di South Colby, e si recava spesso a New York "per affari". Con l'allungarsi delle sue assenze Polly cominciò a sospettare che vedesse altre donne. Ma non erano tanto le scappatelle a tenere Ron lontano da casa: essere seppelliti nella monotona South Colby contrastava con la percezione che aveva di sé stesso. Aveva trascorso gran parte della vita adulta promuovendosi vigorosamente e con successo come avventuriero scavezzacollo. Si trattava di una identità che gli veniva accreditata sempre più spesso, ma che andava sostenuta. No, doveva stare a New York perché tutti dovevano essere consapevoli che Ron "Flash" Hubbard era «davvero un bel soggetto».

Nel luglio del 1936 l'agente letterario e columnist di New York Ed Bodin aggiunse un'altra medaglia alla casacca già abbondantemente decorata di Ron, raccontando in una delle sue rubriche che Ron aveva raggiunto il ragguardevole traguardo di un milione di parole pubblicate. Era un'affermazione assurda, che avrebbe inesorabilmente attecchito nel corso degli anni fino a quando, nel 1941, a Ron vennero accreditati sette milioni di parole in alcune biografie e quindici in altre. Qualsiasi fosse la cifra reale, Ron era sicuramente orgoglioso dell'enorme quantità di parole che riusciva a far uscire dalla sua macchina da scrivere e non c’è alcun dubbio che fosse uno scrittore veramente prolifico. Nel 1937 stava già usando vari pseudonimi fantasticamente improbabili come: Winchester Remington Colt, Kurt von Rachen, Rene Lafayette, Joe Blitz e Legionnaire 148. La sua leggendaria velocità di scrittura portò alla diceria che scrivesse su carta a modulo continuo, con una macchina da scrivere elettrica munita di una speciale tastiera di sua invenzione, dotata di particolari tasti per le parole di uso più comune. Una scherzosa storiella dell’epoca racconta che gli editori di New York inviavano i fattorini al suo hotel con il disegno di una copertina e la richiesta di costruirci sopra una storia adeguata; la battuta finale era che Ron diceva ai messaggeri di attendere un momento che avrebbe provveduto all'istante, tanto prodigiosa era la fertilità della sua immaginazione.

Verso la fine del 1937 Ron vendette il suo primo romanzo, che si diceva fosse ispirato alle sue esperienze di ragazzino nel selvaggio Montana, quando era diventato fratello di sangue degli indiani Piedi Neri. La storia di questa fratellanza viene tuttora riportata nelle note biografiche dei suoi libri. Polly era contenta che Ron fosse riuscito a varcare il confine tra pulp fiction e pubblicazioni "rispettabili", ma soprattutto era felice che il romanzo avesse fruttato un assegno da 2.500 dollari. Avevano un disperato bisogno di quel denaro per ripianare i debiti. Dopo aver incassato la somma, Ron scomparve per alcune ore. Tornò nel tardo pomeriggio in uno stato di grande eccitazione annunciando di aver acquistato una barca: un ketch di nove metri chiamato "The Magician", il mago. Era dotato di una piccola cabina e Ron avrebbe provveduto a mettergli un nuovo motore e nuova attrezzatura. Polly aveva un cassetto pieno di conti da pagare e suo marito aveva appena speso tutto il loro denaro in una barca.

A Bremerton il migliore amico di Ron era un intraprendente assicuratore di nome Robert MacDonald Ford. «La prima cosa che Ron fece appena acquistata la barca» ha ricordato «fu di farsi stampare della carta da lettere intestata "Yukon Harbor Marine Ways". La ditta non esisteva ma Ron non se ne preoccupava, quella carta intestata gli serviva per comprare l'attrezzatura a prezzo da grossista». Robert e Ron trascorrevano molto tempo insieme, chiacchierando spesso fino a notte fonda. «Era un tipo acuto» ha raccontato Ford. «Era molto stimolante e affascinante. Gli interessavano un sacco di cose ed era informato. Quando parlava delle cose che aveva fatto a volte pensavo che mi prendesse in giro, ma poi scoprivo che era vero. Una volta mi raccontò che quando volava con gli alianti un tirante si era spezzato colpendolo sulle punte delle dita, e da allora era molto sensibile. Sono sicuro che accadde davvero. Quando andammo a vedere Ombre Rosse mi disse di aver lavorato alla sceneggiatura. Cercai il suo nome tra i credits ma non lo trovai, ma continuai a credere che fosse vero. È possibile che esagerasse un po' i suoi exploit, ma era uno scrittore ed aveva una fervida fantasia. Di sicuro si era occupato di un sacco di cose».

Un giorno Ron e Mac decisero di costruire una barca a vela sperimentale con tubolari gonfiabili in gomma, teorizzando che sarebbe stata soggetta a minor attrito di uno scafo tradizionale. Costruirono un telaio di legno sostenuto da sei camere d’aria, e presero a prestito un albero e la vela. Era inteso che Ron, il più esperto dei due, avrebbe condotto le prime prove. Per l'occasione si presentò in stivali da marinaio, berretto e abbigliamento da crocerista. Portarono la strana imbarcazione in mezzo allo stretto trascinandola con una barca a remi. Ron, fiducioso, saltò nell'imbarcazione che però cedette con uno schianto. La vista di Ron, nel suo elegante abbigliamento da yatchsman, che si aggrappava al relitto urlando di essere tratto in salvo fu per Mac irresistibile. Si accasciò sul fondo della barca e tanto più rideva, tanto più Ron si arrabbiava. Alla fine Mac se ne tornò a riva, lasciando che qualcun altro raccogliesse l'amico. «Aveva davvero un caratteraccio, ma non gli permettevo di intimorirmi con quei suoi scatti. Se in quel momento mi avesse avuto per le mani mi avrebbe ucciso. Non mi feci trovare per un paio d'ore e lui si calmò. Quella sera cenammo insieme».

Come i loro mariti, anche le mogli Polly e Nancy passavano molto tempo insieme. Nancy perciò sapeva che Polly sospettava che Ron avesse relazioni con altre donne a New York. Nancy ne parlò con Mac il quale si disse sicuro che Polly si sbagliava. Qualche settimana più tardi gli Hubbard arrivarono separatamente al ballo del Bremerton Yatch Club, che si teneva ogni sabato sera. «Non si parlavano» ha raccontato Ford, «e impiegammo un po' a capire che cosa fosse successo. Sembra che Ron avesse scritto delle lettere ad un paio di ragazze di New York, e le avesse lasciate nella cassetta della posta per essere raccolte. Polly le aveva trovate e si era arrabbiata al punto da aprire le buste, scambiarne il contenuto e rimetterle poi al loro posto. Non gli disse niente fino a quando il postino non le ebbe portate via. Polly era in gamba e molto divertente». Il mattino successivo Ron fece la valigia e saltò sul primo treno per New York, ancora di pessimo umore.


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